La riabilitazione cognitiva (1) - Neuroanatomia dei processi cognitivi
(17/05/2022)
Dove avviene l’elaborazione delle informazioni che usiamo per esprimerci attraverso il linguaggio?
Perché l’attività del cucinare è positiva e benefica per il nostro cervello?
Che cos’è la riabilitazione cognitiva?
Diceva Rita Levi-Montalcini: “Il cervello: se lo coltivi, funziona. Se lo lasci andare e lo metti in pensione, si indebolisce. La sua plasticità è formidabile. Per questo bisogna continuare a pensare”.
Per affrontare meglio questo ampio argomento dobbiamo fare un elenco e fotografare le implicazioni neuroanatomiche dei nostri processi cognitivi.
In questo articolo vedremo quindi quali sono le nostre funzioni corticali superiori distinguendole per tipo e cercheremo di descrivere brevemente i loro substrati anatomici. Tutto questo ci aiuterà a capire come queste funzioni possano essere valutate clinicamente e in maniera misurabile, per affrontare (in un prossimo articolo) le basi della riabilitazione cognitiva.
Il cervello, come è noto, coordina tutto il funzionamento dell’organismo, le funzioni fisiche e quelle cognitive. Per iniziare con una definizione piuttosto generica, possiamo dire che le “funzioni cognitive” sono abilità organizzate dal cervello che regolano il nostro rapporto con l’ambiente esterno. Si tratta di capacità che si acquisiscono fin dalla nascita e di cui va costantemente stimolato l’utilizzo; inoltre possono essere “rinforzate”, “migliorate”, “potenziate” nel corso del tempo (nel senso di “allenate” e sempre entro certi ragionevoli limiti) e, in caso di problemi derivanti dall’inattività, dall’età avanzata o traumi o malattie di varia natura, anche riabilitate.
La nostra mente invecchia come il corpo e, proprio come il corpo, ha bisogno di essere tenuta in allenamento. Con il passare degli anni e il progredire dell’età occorre “allenare” (e “mantenere in allenamento”) il nostro cervello, in maniera personalizzata e variabile; in generale è quindi importante trovare strategie che consentano alle nostre funzioni cognitive di mantenersi attive e continuare a operare al meglio.
Il progresso scientifico, grazie anche a un approccio multi-disciplinare che consiste nella ricerca di soluzioni da parte di più figure professionali in piena sinergia tra di loro (il Medico, l’Ingegnere della Riabilitazione o il Neuroingegnere, lo Psicologo, il Fisioterapista, il Logopedista, il Terapista occupazionale, il Neuropsicomotricista, etc.), ha fatto e sta facendo grandi passi avanti per identificare gli strumenti più funzionali alla riabilitazione della mente, o per meglio dire delle capacità cerebrali e cognitive. Oltre a quei casi in cui si intende far fronte in modo quanto più soddisfacente possibile agli effetti fisiologici del normale scorrere del tempo, quando si tratta questo argomento vengono in mente patologie molto note come l’Alzheimer o altri tipi di demenze; in realtà questo tipo di intervento è molto efficace e necessario anche in situazioni post-traumatiche o a seguito di incidenti cerebrovascolari, come ad esempio l’ictus.
La riabilitazione cognitiva è quel tipo di terapia che comprende una vasta gamma di trattamenti finalizzati proprio a migliorare determinate funzioni cognitive, o meglio funzioni corticali superiori negli individui che hanno subito lesioni cerebrali o sono mentalmente compromessi: il fine ultimo di questo tipo di intervento terapeutico è infatti quello di ripristinare quanto più possibile il normale funzionamento di alcune abilità o compensare i deficit relativi ad alcuni processi, appunto, cognitivi.
Facciamo un piccolo passo indietro e definiamo meglio le “funzioni” che la riabilitazione cognitiva intende ripristinare.
Quando parliamo di funzioni corticali superiori ci stiamo riferendo a delle abilità complesse inerenti all’attenzione, alla memoria, al linguaggio, all’orientamento, alla capacità di ragionare, pianificare, risolvere un problema, nonché alla percezione e all’azione stessa, alle abilità visuo-spaziali, alle abilità prassiche e alle funzioni esecutive.
In effetti, molto spesso (per non dire quasi sempre) troviamo che gli “esercizi” proposti come stimolazione/terapia cognitiva sono suddivisi in categorie che corrispondono proprio a queste funzioni; eccole elencate in maniera un po’ più precisa.
- Lingua - la comunicazione tramite il linguaggio è un’attività che caratterizza gli esseri umani ed è la capacità di usare le parole o i segni, combinandoli in frasi, per comprendere e farsi comprendere da altri individui. La comunicazione può essere verbale o non verbale; quella non verbale è naturalmente il linguaggio del corpo, la mimica. Si noti che anche l’abilità di usare il linguaggio del corpo è una capacità molto importante e complessa, oltre che funzionale a molti scopi.
- Calcolo - la capacità di effettuare mentalmente delle operazioni matematiche, ma anche di tenere a mente l’aumentare o il diminuire di alcune quantità nel tempo e di visualizzare i numeri senza scriverli o leggerli.
- Memoria - la capacità di conservare le informazioni, ossia la funzione volta all’assimilazione, alla ritenzione e al richiamo sotto forma di “ricordo”, di informazioni apprese durante l‘esperienza o per via sensoriale. Si distinguono un immagazzinamento a breve termine (decine di secondi o minuti) e uno a lungo termine. Esistono poi altri tipi di memoria, come ad esempio quella relativa a comportamenti automatici o quella esplicita/implicita; data la vastità dell’argomento, non possiamo approfondirlo del tutto in questo articolo.
- Orientamento - è la capacità di saper decidere un tragitto in base alle informazioni, di ripercorrere un percorso in senso contrario verso una determinata destinazione e anche di ricordare la direzione giusta a distanza di un po’ di tempo. Si veda anche più avanti la voce “abilità visuo-spaziali”.
- Attenzione - la capacità di concentrarsi sulle informazioni più importanti tra quelle disponibili e ignorare quelle meno importanti. Può a sua volta essere distinta in selettiva (la capacità di “eliminare i rumori di fondo”), divisa (permette di prestare attenzione a più cose contemporaneamente) e sostenuta (la “vigilanza”, caratteristica di una situazione in cui si mantiene l’attenzione per un tempo prolungato).
- Riconoscimento - la capacità di distinguere alcuni elementi in base al ricordo, all’associazione ma anche all’intuito o alla capacità di astrazione. Ne “L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello”, il dottor Oliver Sacks descrive un uomo, il “dottor P.” (a cui Sacks intitolò il suo intero saggio), che soffriva di Prosopagnosia, condizione che intaccava proprio questa capacità apparentemente così banale. Egli era incapace di dare un significato a ciò che vedeva, fino a confondere tra di loro gli oggetti (e soprattutto le persone) appartenenti alla sua vita quotidiana. Durante un esperimento, il dottor Sacks gli consegnò un guanto, che lui fu perfettamente in grado di descrivere come “una superficie continua con cinque appendici cave, probabilmente un portamonete” ma non di associare al suo reale utilizzo, fino a quando non fu forzato ad indossarlo (mettendo quindi in campo il senso del tatto).
- Abilità prassica - è la capacità di svolgere movimenti volontari complessi, con o senza significato. Immaginiamo di avere in mano un rastrello: il “come” usarlo dipende dalle abilità prassiche, così come nel caso di una spazzola o dell’esecuzione del gesto per “dire che è tardi” (con implicazioni relative al linguaggio e alla mimica).
- Abilità visuo-spaziali - ci permettono di valutare lo spazio visivo e cercare ciò che ci interessa, relazionarci con lo spazio e gli oggetti intorno a noi. Ogni giorno ognuno di noi utilizza queste abilità per svariate e comuni attività come l’orientarsi, il muoversi in una stanza, il giocare con una palla, il disegnare.
- Funzioni esecutive - sono processi cognitivi che interagiscono tra loro per avviare pensieri e organizzare azioni funzionali al raggiungimento di uno scopo (Shallice, 1994; Benso, 2010), fornendo al soggetto le abilità necessarie per gestire il proprio comportamento. Le funzioni esecutive permettono di pianificare e portare a termine comportamenti orientati a uno scopo preciso (es. lavarsi i denti), raccogliere alcune informazioni e realizzare qualcosa. Sono “funzioni di controllo” che lavorano su informazioni che ricevono da altre funzioni come la memoria, il linguaggio e la percezione. Le funzioni esecutive includono: pianificazione, organizzazione, ordinamento in sequenza e ragionamento astratto.
Come è chiaro, le attività di una persona possono essere talmente varie e complesse che le sue funzioni corticali superiori non sono sempre suddivisibili in “compartimenti stagni”, ma possono anche alternarsi, o ancora meglio “sovrapporsi parzialmente” e in maniera quasi sfumata. Si pensi ad esempio all’attività del cucinare: durante la preparazione di un piatto, per la buona riuscita dello stesso (e il benessere nostro e dei nostri ospiti!) è importante mantenere un buon livello di attenzione, concentrazione ma anche memoria (relativa a una ricetta, agli ingredienti che abbiamo a disposizione o ai momenti in cui abbiamo svolto un’azione, ad esempio “quando abbiamo infornato questo ingrediente mentre quest’altro sta rosolando”). In alcuni casi potrebbe servirci una certa capacità di astrazione, ad esempio per decidere di unire alcuni ingredienti sulla base del nostro “intuito”. Dovremo inoltre fare alcuni calcoli (la quantità di acqua, i grammi di farina, etc.), pianificare le nostre azioni e gestire un insieme di diverse operazioni che sollecitano le aree cerebrali preposte alla programmazione e al coordinamento di movimenti complessi. Non è un caso che in certi ambienti si proponga la Cooking Therapy come forma di allenamento riabilitativo che stimola fenomeni di plasticità neurale all’interno del nostro cervello. Dice infatti il neuroscienziato Antonio Cerasa: “Oggi la Cooking Therapy è spesso utilizzata per la riabilitazione di pazienti con deficit cognitivi, disabilità mentali o disturbi psichiatrici”.
Rappresentazione della neurogenesi, una forma di plasticità neurale che riguarda la formazione di nuove cellule nervose
Ad ogni modo, per quanto “sfumati” possano essere alcuni processi riferiti alla “sovrapposizione” di determinate funzioni corticali o di diverse aree cerebrali a loro preposte, la categorizzazione fatta in precedenza è fondamentale quanto utile per poter distinguere e impostare vari tipi di stimoli cognitivi.
Senza entrare troppo nello specifico dell’anatomia delle funzioni corticali superiori, che peraltro non è ancora del tutto nota, possiamo dire ciò che sappiamo e riassumere i concetti fondamentali: tutto ciò che riguarda queste abilità avviene nella porzione funzionale più estesa dell'intero Sistema Nervoso Centrale. Questa porzione si chiama corteccia cerebrale, ed è lo strato di sostanza grigia che riveste la superficie esterna degli emisferi del nostro cervello (di cui rappresenta il 42% dell'intera massa). La possiamo richiamare visivamente ricordandone le evidenti scanalature (solchi o scissure), che si alternano a zone rialzate (circonvoluzioni o giri).
Un cervello. Si notano i solchi e le circonvoluzioni della corteccia cerebrale.
Dato il suo ruolo cardine nel controllo delle più importanti abilità cognitive e nella gestione delle funzioni sensoriali e dei movimenti volontari, la corteccia cerebrale è il principale centro di elaborazione e integrazione delle informazioni nervose del Sistema Nervoso Centrale.
Da un punto di vista strettamente funzionale la corteccia cerebrale viene ripartita idealmente in 3 sezioni, a loro volta costituite da aree:
- corteccia sensitiva (aree sensoriali implicate in udito, olfatto, vista, tatto e gusto)
- corteccia motoria (aree motorie relative ai movimenti volontari, e a tutte quelle attività - appunto, motorie - che avvengono dietro il comando di una precisa volontà come camminare, correre, gesticolare con le mani, etc.)
- corteccia associativa (aree associative unimodali o polimodali - così distinte in base al numero delle modalità sensoriali, ossia delle sensazioni date da tatto, udito, vista, olfatto e gusto, da cui integrano le informazioni - implicate nelle funzioni corticali superiori descritte sopra come memoria, apprendimento, comprensione del linguaggio, attenzione e perfino nel pensiero e nella coscienza)
In sintesi: nel momento in cui (dovendo eseguire un compito, un’azione subordinata a un processo cognitivo) percepiamo una certa informazione, il segnale informativo viene intercettato nel nostro cervello dalle aree sensoriali primarie; successivamente, attraverso un processo a tappe in cui le aree associative unimodali proiettano alle aree associative polimodali, esso viene infine trasmesso alle aree motorie.
Quindi proprio le aree associative polimodali sono ritenute il substrato anatomico delle funzioni corticali superiori - e non è un caso che esse siano particolarmente sviluppate nei primati e nell’uomo. A questo proposito, tre aree associative polimodali sono particolarmente importanti:
- area associativa posteriore (occipito-temporo-parietale): integra informazioni provenienti da modalità diverse ed è implicata nell’attenzione, nel linguaggio, nell’orientamento spaziale, nel riconoscimento del sé e dell’ambiente e partecipa all’organizzazione di movimenti complessi;
- area associativa anteriore (corteccia prefrontale): è associata con le funzioni esecutive del comportamento, quali la risoluzione di problemi, la pianificazione di una strategia di azione che conduca allo scopo prefissato, il monitoraggio delle prestazioni, la capacità di cambiare strategia nel momento in cui le circostanze lo richiedono, la valutazione delle conseguenze delle azioni proprie e altrui, il pensiero astratto, la memoria di lavoro;
- area associativa limbica: situata lungo le facce mediali degli emisferi cerebrali, è implicata nella formazione della memoria dichiarativa a lungo termine e nel comportamento emotivo.
Aree della corteccia cerebrale
Come già evidenziato in precedenza, è probabile che le funzioni corticali superiori più complesse emergano dalla coordinazione delle attività delle diverse aree associative.
In particolare, sembra che le associazioni fra la corteccia parietale e la corteccia prefrontale siano le principali responsabili delle funzioni superiori più vicine a quella che definiamo intelligenza.
In sintesi, l’informazione sensoriale che viene “elaborata” dalle aree, appunto, sensoriali è utilizzata dalle funzioni corticali superiori per formulare concetti complessi che possono essere comunicati, ricordati (a breve o a lungo termine), usati per creare nuove idee, associazioni e scopi e che possono anche essere sviluppati in una azione.
Anche la percezione e l’azione stessa possono essere considerate “funzioni superiori”, dato che il compito di riconoscere uno stimolo o di attuare il piano motorio adatto a ottenere un certo scopo è particolarmente complesso. Per esempio: la capacità di udire e distinguere tra loro una serie di suoni quando ascoltiamo qualcuno parlare dipende dalle nostre funzioni uditive di base; invece, è grazie a una funzione corticale superiore che abbiamo la capacità di riconoscere parole e frasi di significato compiuto nella sequenza di questi suoni, e di collegarle a concetti già noti nella nostra mente - per poi formulare una nuova idea che potremo comunicare al nostro interlocutore e successivamente ricordare e combinare con altre idee in base alle quali agire.
In un prossimo articolo, considereremo un aspetto un pochino più “pratico” e vedremo quali possono essere le implicazioni cognitive di un danno cerebrale; lo faremo riportando alcune evidenze sperimentali del ruolo ricoperto dalle diverse aree associative del nostro cervello. Questo ci aiuterà anche a comprendere meglio la stessa anatomia di alcune funzioni corticali superiori.