Diventare Atleti Parkinsoniani Ingegnerizzati
(31/3/2022)
Parkinson, Atleta, Ingegnerizzazione.
Possono, questi 3 termini apparentemente così distanti tra loro trovare un punto di collegamento?
Con questo testo vogliamo dare la nostra risposta a questa domanda, approfondendo e ampliando il concetto di Atleta Parkinsoniano fornendo una nuova definizione: quella di Atleta Parkinsoniano Ingegnerizzato.
Prima però, facciamo qualche passo indietro.
Il termine atleta è chiaramente di uso comune: ma chi è, esattamente, un “atleta”? Cosa ci viene in mente se pensiamo a un atleta?
Molto probabilmente penseremo a un calciatore famoso, un ciclista, un giocatore di Basket o magari al detentore del record di velocità nei 100 metri piani o ai campioni olimpionici di Nuoto.
Più in generale, pensando a un atleta è naturale e quasi scontato il collegamento con una disciplina sportiva.
In realtà questo concetto è vero solo a metà, perché si limita alla definizione di atleta professionista, cioè una persona che fa dello sport il proprio lavoro.
In senso più generale, allora, cosa vuol dire “atleta”?
Un atleta è una persona impegnata “assiduamente” o con intenti agonistici in attività sportive.
Quindi:
Chi può essere un atleta?
Chiunque può essere un atleta.
Perché?
Semplicemente perché, sulla base della definizione appena data, per essere un atleta è sufficiente avere un corpo e una predisposizione mentale verso la costanza e la ripetizione dell’allenamento.
Riguardo alla ripetizione di un movimento e alla costanza degli allenamenti, esisteranno sempre strategie di allenamento diverse per ottimizzare ciò che serve all’atleta per raggiungere il proprio scopo. Questo vale sia nel caso in cui dobbiamo competere in una specialità a livello agonistico sia per qualsiasi altra situazione che preveda un movimento, cioè “un’azione volontaria eseguita per realizzare uno scopo”.
Allora, se considerassimo come “specialità” alcune semplici attività quotidiane che richiedono l’esecuzione di determinati movimenti del corpo (farsi la doccia, apparecchiare la tavola, spostare una scrivania...), possiamo chiederci:
Atleti di diverse discipline seguono specifici programmi di allenamento differenti e personalizzati a seconda del tipo di specialità?
Sicuramente sì.
E infine:
Cosa ci fa capire per quale tipo di specialità siamo più predisposti?
Semplice: le nostre caratteristiche fisiche.
Esattamente come una persona molto alta e buona capacità di elevazione potrà essere indirizzata a dedicarsi al Basket con interessanti risultati, o un individuo con baricentro basso, leve degli arti superiori corte e un importante sviluppo di spalle e pettorali sarà invitata a dedicarsi al Pugilato esprimendo notevoli prestazioni sul combattimento a corta distanza.
Parimenti, in base ad alcune caratteristiche fisiche dell’atleta, si potrà impostare un allenamento per migliorare o potenziare certi aspetti in particolare (esempio: la tendenza a incurvarsi in avanti potrà essere contrastata attraverso degli specifici esercizi posturali).
Facciamo ora una considerazione:
Una persona con malattia di Parkinson ha determinate caratteristiche fisiche.
Questo è inevitabile: la malattia stessa comporta la comparsa e la progressione, più o meno rapida ed evidente, di una serie di sintomi e alcune modificazioni che portano a loro volta a determinate caratteristiche fisiche.
Sintomi come la rigidità muscolare, l’ipertonia dei muscoli e dei vasi sanguigni, la bradicinesia, la camptocormia, la Sindrome di Pisa o il tremore a uno o più arti (anche a riposo) sono alcuni dei più comuni tra quelli concernenti la sfera del movimento e comunque non sono necessariamente tutti presenti nel 100% dei casi: ad esempio esistono dei parkinsoniani che non soffrono di tremore.
In aggiunta a questi sintomi, dato che statisticamente il Parkinson è una malattia che colpisce con più frequenza le persone intorno ai 58-60 anni, possiamo tenere presente che in molti casi vi sono anche quei cambiamenti fisiologici portati dall’avanzare dell’età.
Il nostro approccio, che, ci teniamo a dirlo, intende fornire una nuova “visione” basata su studi ed esperienze pluriennali per potersi migliorare, senza prevaricare o sostituirsi ad alcun tipo di Terapia Farmacologica, prevede non solo di considerare i sintomi e le sensazioni che sono presenti nel 100% dei casi, ma anche - come è giusto che sia - le caratteristiche di ogni singolo individuo.
Come dicono molti Medici, “la Medicina non è una Scienza esatta” e questo vale anche per la Teoria e Pratica dell’Allenamento fisico; infatti, se ci fosse una “ricetta” per trasformare chiunque in un campione non esisterebbero più i problemi né le competizioni, ma solo un esercito di “robot” tutti identici fra loro che esprimerebbero sempre le medesime prestazioni.
Arriviamo dunque all’Atleta Parkinsoniano.
Per una persona con questa malattia è difficile poter pensare a sé stessa come faceva prima della diagnosi; quasi come se la scoperta di avere il Parkinson “portasse via” automaticamente qualcosa non solo dal proprio corpo e dal suo controllo, ma anche dalla propria consapevolezza, sicurezza, essenza. In altre parole: dalla persona stessa, da colui o colei che si era in precedenza.
Ancora più complicato è convincere una persona con la malattia di Parkinson a credere in sé stessa, esattamente come un Atleta crede nelle proprie capacità.
Può una persona con il Parkinson essere un atleta?
Può “allenarsi” e migliorare le proprie prestazioni da atleta?
Con chi compete, esattamente, una persona che ha questa patologia?
E inoltre:
la qualità della vita può migliorare grazie al movimento e all’attività fisica, perfino dopo molti anni dalla diagnosi, sebbene stiamo parlando di una malattia neurodegenerativa che, inevitabilmente, progredisce con il passare del tempo?
Noi rispondiamo di sì alle prime 2 domande e all’ultima, aggiungendo che la persona con la malattia di Parkinson compete con sé stessa e con la propria condizione.
Estendiamo la considerazione fatta in precedenza:
Il Parkinson genera, nel corpo di chi ne è affetto, una biomeccanica definita dai sintomi.
Se, come dicevamo all’inizio, una persona con Parkinson ha determinate caratteristiche fisiche, esisteranno senz’altro delle strategie di allenamento più funzionali ed efficaci di altre non solo per contrastare i sintomi, ma anche per raggiungere precisi risultati esprimendo determinate performances.
Ad esempio: se un parkinsoniano ha, tra le altre cose, un’accentuata camptocormia dovuta alla malattia potrà senz’altro essere impostato un lavoro personalizzato per attenuare - allo scopo di risolvere - questa spiacevole situazione attraverso esercizi mirati e costanti.
L’approccio è questo: ho determinate caratteristiche fisiche e voglio raggiungere un certo risultato (come il riuscire ad eseguire una camminata fluida o avere la capacità di “tenere le spalle aperte e il collo disteso”). Imposterò allora un allenamento specifico sulla base del risultato/dei risultati che mi sono posto.
Questo avviene esattamente come (ad esempio) un giocatore di Basket con il ruolo di guardia tiratrice intende migliorare la sua elevazione nel salto attraverso precisi esercizi.
Un “Atleta Parkinsoniano”, attraverso l’allenamento, intende da un lato migliorare la propria condizione fisica e dall’altro contrastare la progressione di quei sintomi che influiscono in maniera così negativa sulla sua vita e sui suoi rapporti familiari e sociali: risulta evidente, a questo punto, che tutto ciò dovrà essere fatto in maniera “ingegnerizzata” al fine di ottimizzare i risultati calibrandosi sul caso specifico.
È così che intendiamo introdurre il concetto di Atleta Parkinsoniano Ingegnerizzato.
Le conoscenze scientifiche attuali e il costante desiderio dell’Uomo di abbattere i propri limiti hanno sicuramente evoluto le applicazioni della Scienza e della Tecnica del Movimento Razionale.
Ogni piccolo grande traguardo raggiunto in ambito atletico-sportivo è spesso il risultato non solo di un enorme numero di allenamenti, ma anche di innumerevoli tentativi, studi e ricerche, perfino fallimenti.
Oggi può capitare frequentemente di sentir parlare di “Atleti Ingegnerizzati”, semplicemente perché l’Ingegneria, definita spesso come la “Scienza delle soluzioni”, ha contribuito da sempre ad evolvere ogni tipo di settore, compreso tutto ciò che riguarda il movimento e l’allenamento fisico e la loro ottimizzazione. Si pensi che un atleta professionista ha a propria disposizione un intero Staff di persone che ne analizzano costantemente le prestazioni e, al fine di ottimizzare i suoi risultati durante l’allenamento e in gara, fanno uso di un gran numero di strumenti matematici e tecnologici che derivano dalla Bioingegneria dello Sport e della Riabilitazione e che si uniscono alle conoscenze della Biomeccanica, della Biologia, della Biochimica, delle Scienze Motorie e della Medicina dello Sport.
Ma essere un Atleta Ingegnerizzato vuol dire più di questo: vuol dire applicare le conoscenze tecniche, ampliare il proprio orizzonte, utilizzare il cervello e avvalersi delle giuste metodologie e tecnologie per massimizzare i propri risultati, anche nelle prestazioni della vita di tutti i giorni.
Gli Atleti Ingegnerizzati mettono la piena consapevolezza in ciò che fanno quando si allenano e, basandosi su prove scientifiche ripetute e riproducibili, fanno tesoro del frutto delle evoluzioni legate ad una profonda conoscenza delle materie che si legano alle attività a cui si dedicano.
Se si entra nell’ordine di idee di essere un Atleta (perché ciascuno di noi può esserlo), basta un piccolo sforzo in più per seguire la conoscenza, riflettere e “ingegnerizzare il proprio allenamento”, sempre sulla base della propria specifica biomeccanica e seguendo i sapienti consigli di “coach” adeguatamente preparati che ci aiutino a percorrere la strada del nostro miglioramento fisico e mentale.
Non va dimenticato che, a prescindere dall’età, si può sempre impostare un allenamento funzionale calibrato sul singolo caso specifico. Questo a partire anche dalle proprie capacità e possibilità, tenendo presente che si può sempre migliorare e migliorarsi. Infatti, non esiste un’età in cui il nostro corpo cessa di rispondere positivamente ad uno stimolo allenante.
Abbiamo approfondito tutti questi concetti nel nostro saggio tecnico-scientifico pubblicato nel mese di Febbraio 2021. Il nostro libro ha come titolo proprio “L’Atleta Parkinsoniano” e tratta un tipo di approccio innovativo alla malattia di Parkinson, oltre a descrivere in dettaglio una moltitudine di possibili soluzioni fra cui il metodo Angel’s Wings da noi inventato, sviluppato e brevettato. Riteniamo che possa essere di estrema utilità in quanto rivolto soprattutto ai diretti interessati, malati e familiari (caregivers), oltre ovviamente a esperti del settore aperti a nuove visioni di approccio a questa patologia.
Secondo noi, fornire delle semplici chiavi di lettura e delle soluzioni per risolvere almeno alcuni dei problemi che questa malattia comporta, soprattutto in un periodo storico come questo, potrebbe essere una cosa importantissima anche a livello sociale.
È indiscutibile: una spiegazione chiara, semplice e logica di un nostro problema, per quanto totalizzante o invalidante, ci aiuta automaticamente a vederlo da un’altra prospettiva, ridimensionandolo e facendocelo percepire più “piccolo” e “risolvibile” di quanto non sembrasse all’inizio.
Crediamo che questo valga per le nostre preoccupazioni, per i nostri piccoli-grandi problemi fisici e anche per i sintomi portati da una malattia come il Parkinson.